Carlotta delle farfalle
Carlotta era una bambina vivace, intelligente, con due occhi
brillanti e una folta capigliatura di un bel rosso vivo. Carlotta viveva nella
periferia di una grande città vicino ai giardini, dove andava a giocare quando aveva
finito i compiti. Un giorno, mentre scendeva dallo scivolo, vide una bellissima
farfalla che volava allegramente fra i fiori delle aiuole. E vide anche un
bambino che le correva dietro per prenderla. Le farfalle sono insetti delicati
e spesso basta sfiorarle per ucciderle: Carlotta non poteva permettere che una
cosa simile succedesse. Scese velocemente dallo scivolo. Allargò le braccia e
si mise in mezzo fra la farfalla e il bambino, impedendogli di farle del male.
Lo distrasse per un attimo, il tempo necessario perché la
farfalla volasse via. Non chiedetemi come, ma le sembrò che le facesse un sorriso
prima di volar via, come per ringraziarla. Cose che succedono solo nelle
storie.
Ma Carlotta da quel
giorno fece molta attenzione e ogni volta che vedeva una farfalla, la seguiva
con lo sguardo o correndo vicino a lei fino a vederla in un luogo sicuro. Parenti
e amici cominciarono a prenderla in giro, a dirle che perdeva il suo tempo con
insetti inutili e a chiederle cosa pensava di ottenere da questo comportamento
che tutti giudicavano assurdo. Carlotta invece
col passare del tempo si accorse che le farfalle, quando lei arrivava ai
giardini, le venivano incontro e le svolazzavano allegramente intorno, creando
un arcobaleno di colori vivaci e rallegrando i suoi giochi. Si sentivano al
sicuro vicino a lei e sapevano che in caso di bisogno Carlotta le avrebbe
difese da qualsiasi pericolo. E gli altri bambini che giocavano lì ai giardini,
poco a poco, cominciarono a chiamarla “Carlotta delle farfalle”.
Ignoro tutto della biologia delle farfalle, ma ne so molto
sulle loro leggende: ho appreso che esse vivono di petali di rosa. Anche
Carlotta doveva aver letto gli stessi racconti, perché tutti i giorni arrivava
ai giardini con un cestino di questo raffinato alimento. D’estate prendeva i
petali nel giardino della sua Mamma e d’inverno, quando le rose non ci sono nei
giardini, andava dalla fiorista vicino alla sua casa e raccoglieva quelli che
cadevano dai mazzi pronti per essere venduti. Le scuoteva delicatamente un po’
e i petali cadevano da soli nel suo famoso cestino. La fioraia, che si chiamava
Rosa (cos’altro avrebbe potuto fare una persona gentile con quel nome?) era ben contenta di
non buttar via quel “ben di Dio” e lo donava volentieri a Carlotta per le sue
farfalle.
Quella stessa primavera cominciò a frequentare lo stesso
giardino un’altra bambina. Si chiamava Mariangela. Era stata una ragazzina vivace e allegra, ma
aveva avuto un grave incidente: una moto l’aveva investita qualche tempo prima
lasciandola per terra senza soccorrerla. Dopo lunghe settimane in ospedale il
verdetto dei medici fu tristissimo: senza lunghe e faticose cure la bambina
avrebbe seriamente rischiato di non recuperare l’uso delle gambe. Mariangela era tornata a casa, ma la sua
allegria era rimasta a terra, a quell’incrocio dove era avvenuto lo scontro con
la moto. Non sorrideva più, niente la interessava. Mangiava pochissimo, rifiutava
di curarsi, si lasciava soltanto portare in poltrona a rotelle fino al giardino, ma non parlava con
nessuno, nemmeno con la sua mamma, non voleva più vedere i suoi amici e
piangeva spesso.
Carlotta la vedeva da lontano e si sentiva triste per lei.
Avrebbe voluto aiutarla ma non sapeva cosa fare. Poi le venne un’idea. Visto
che le farfalle le svolazzavano intorno dappertutto dove andava, decise di
avvicinarsi a Mariangela per fargliele vedere.
Sulle prime la ragazzina sulla sedia a rotelle non si mosse.
Poi pian piano cominciò a interessarsi a loro e quel giorno, prima di andar a
casa sulle sue labbra spuntò un timido sorriso. E’ con molta emozione che il
giorno seguente Carlotta si appostò per aspettare Mariangela e la sua sedia a
rotelle.
E puntuale la ragazzina arrivò, con la sua mamma. Cercò con
lo sguardo Carlotta e le sue farfalle. Erano tutte lì, e l’aspettavano. Il
sorriso questa volta fu decisamente meno timido e la mamma spinse la sedia
verso il piccolo gruppo variopinto. Il ghiaccio era rotto.
Col passare dei giorni Mariangela cominciò a muovere da sola
le ruote della sua sedia per stare vicina alle sue nuove amiche senza
disturbare la sua mamma. Era così piacevole vedere tutti quei colori comparire
e scomparire intorno a lei, posarsi sui fiori, sui cespugli, salire verso i
rami degli alberi, scendere verso il laghetto delle trote. Malgrado il suo
problema, era tornata ad essere la ragazzina allegra di una volta e la sua
mamma cominciava a credere che il giorno in cui si sarebbe alzata e avrebbe
ricominciato a camminare.
E così fu. Un bel giorno, per salutare più da vicino le
farfalle, Mariangela mise i piedi per terra e appoggiandosi a Carlotta fece
qualche passo. Passetti timidi, i primi…
Ora le due bambine corrono insieme alle loro amiche
farfalle. La mattina vanno a scuola insieme, poi fanno i compiti e poi vanno al
giardino. Nessuno prende più in giro Carlotta per le sue amiche e tutti si sono
convinti che anche un piccolo insetto può diventare un amico prezioso.
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