lunedì 14 novembre 2011

La famiglia Topiniz

C’era una volta in un paese lontano una famiglia di topini che viveva in una bella tana. La mamma Topiniz la teneva sempre pulita, specialmente la cucina dove preparava pasti squisiti per il topino capo famiglia e per i topini figli, sette, sempre allegri e pronti ad aiutare la mamma e il babbo. Erano proprio dei bravi topini e mamma e papà erano molto orgogliosi di loro.

La mattina, quando si svegliavano, il papà usciva per raccogliere bacche e altri cibi prelibati (per dei topini, naturalmente!) e i piccoli per andare a giocare all'aria aperta se era una bella giornata. L’unico problema li aspettava fuori dalla loro bella tana: tutti gli animali li prendevano in giro.
“Che brutti!, diceva la gigantesca mucca, così piccoli e inutili”.


“Che brutti e che piccoli”, diceva un’oca che viveva nei dintorni. (“Ma si è mai vista nello specchio?, diceva fra sé e sé Mamma Topiniz…)


“Che brutti!, diceva la pecora. Se almeno avessero i riccioli come me…”


E tutti, da soli o in compagnia, si facevano delle matte risate alle loro spalle. “Sono proprio bestie inutili, dicevano, e antipatiche. Chissà a cosa pensava il contadino quando li ha messi nel suo cortile!”.

Mamma Topiniz diceva sempre ai suoi Topini: “Non badate a loro, fate finta di niente e andate per la vostra strada. Sono solo vicini invidiosi.”
“Va bene, mamma”, dicevano i topini, ma sotto sotto erano molto tristi e un po’ depressi. La mamma che sapeva quanto fossero allegri e servizievoli quando erano nel loro ambiente, non ne poteva proprio più della cattiveria dei vicini e un giorno disse a Papà Topiniz:

“Caro, fammi un favore: quando hai tempo e voglia, scava un’altra galleria che esca dalla nostra casa in un punto diverso da quella che usiamo ora e che porta i nostri piccoli in mezzo a quegli animali maleducati e cattivi”.

“Molto volentieri, cara”. Detto fatto, papà Topiniz andò a prendere una vanga e una pala, scelse un posto adatto e si mise al lavoro. Pochi giorni dopo il nuovo tunnel sbucò alla luce del sole. Quale fu lo spavento del Signor Topiniz quando si vide di fronte un enorme cagnone! Aveva denti grandi quasi quanto lui e aguzzi, non vi dico quanto! Al Signor Topiniz sembrò alto quanto gli alberi intorno! Ma lui era un topino coraggioso: “Buongiorno Signor Cane, disse. Piacere di conoscerla. Mi chiamo Topiniz, ho una compagna e sette bei e bravi topini. Siamo una famiglia tranquilla e non la disturberemo affatto.”



“Sono felice di fare la sua conoscenza e di avervi come nuovi vicini. Non mi disturberete”, disse il cane enorme. Papà Topiniz, rassicurato, infilò la galleria e tornò dalla sua famiglia portando buone notizie: “Ho trovato un cane in fondo alla galleria che ho scavato. Venite a fare la sua conoscenza”. Mamma e figli si lavarono si pettinarono e uscirono a conoscere il nuovo vicino.

Un po’ si spaventarono a vedere le sue dimensioni, ma era così gentile che tornarono a casa rinfrancati. Solo Papà Topiniz si fermò un momento e disse al cane. “La ringrazio di avere accolto così bene la mia famiglia. Mi considero suo debitore e se mai un giorno avrà bisogno di me, mi chiami. Verrò subito in suo aiuto”.
Il cane sorrise e non disse nulla: gli sembrava impossibile che un animaletto così piccolo potesse venire in suo aiuto, lui così imponente e dall’aspetto feroce. Ma  non volle umiliarlo e si limitò a dire educatamente grazie.



I topini erano felici: uscivano quando volevano, salutavano il loro nuovo amico e andavano a giocare nei dintorni. Anche la mamma e il papà erano tranquilli, provvedevano al buon andamento della casa e dei figli e il buon umore tornò nella tana della famiglia Topiniz.

Ma un giorno, anzi una notte, mentre tutti dormivano si sentirono dei lamenti. Erano insistenti e molto forti e papà Topiniz capì subito che doveva essere capitato qualcosa al loro amico cagnone. Scesero dai loro letti e si precipitarono fuori, verso il punto da cui provenivano i lamenti. E trovarono una scena penosa: il loro amico era impigliato in una grande rete, di quelle che servono a tirar su le balle  di fieno alla fine dell’estate.

Da quando si era impigliato aveva tentato di liberarsi, ma aveva fatto peggio: praticamente non riusciva più a muoversi tanto la rete si era intricata intorno a lui.
“Ci pensiamo noi”, disse papà Topiniz. Andò a cercare le cesoie più grosse che aveva, mamma Topiniz prese il grosso coltello da cucina  e i piccoli le forbicine che avevano il permesso di usare. 

Si misero subito al lavoro. Taglia di qua, trancia di là, sciogli un nodo di su e un groviglio di giù, sudavano tutti, ma non mollavano. Il cane non credeva ai suoi occhi: sentiva che la corda si smollava piano piano e vedeva che era merito di quei piccoli animaletti per i quali non avrebbe dato un soldo. E quando spuntò l’alba il cagnone era liberato. I topini distrutti dalla stanchezza, ma felici di aver liberato il loro amico, raccolsero i loro arnesi e si diressero verso la loro tana per farsi una bella dormita anche se era giorno.
“No, no. Un momento…, disse il cagnone. Venite tutti qui e saltatemi in groppa”. I topini non capivano perché, ma obbedirono. Si aggrapparono al folto pelo del cane: da terra praticamente non si vedevano, tanto erano piccoli, papà e mamma compresi, ma tutti gli animali del cortile che si stavano svegliando li videro eccome!



 “Guarda la famiglia Topiniz! Hanno fatto amicizia con il cagnone!  Faremo bene a rispettarli prima che il loro nuovo amico ci dia un bel morso!”  (in realtà non aveva mai morso nessuno, ma bastava un’abbaiata per spaventare tutti gli animali della fattoria e anche dei dintorni).

Da quel giorno nessuno rise più delle dimensioni dei piccoli roditori. La famigliola non fu più disturbata da nessuno e i piccoli crebbero felici con i loro genitori. Quando il cagnone era in vena li portava a spasso, a conoscere i dintorni, o li curava quando giocavano mentre la mamma era occupata in cucina. 


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